7. Il laboratorio.
Una mano sviluppa, l’altra fissa – A Sir John Frederick William Herschel. 1970-1972
(“Esperimento 1013. 29 gennaio 1939. Trovato l’iposolfito di sodio per arrestare l’azione della luce eliminando con lavaggio tutto il cloruro d’argento. Riuscito perfettamente. Carta metà esposta, e metà protetta dalla luce grazie a copertura di cartone. Poi ritirata dalla luce e spruzzata con iposolfito di sodio e quindi lavata bene con acqua pura. Fatta asciugare, poi esposta di nuovo, la metà oscurata rimane oscura, la metà bianca rimane bianca dopo qualsiasi durata d’esposizione”.)
È la mia verifica del laboratorio, cioè un’operazione in cui la macchina fotografica è esclusa e vengono messi in rilievo lo sviluppo e il fissaggio: un’operazione che volevo priva di ogni emozione e di una estrema secchezza e chiarezza, quale si può cogliere nell’appunto scientifico lasciatoci da Herschel.
Nel laboratorio tutto si compie con le mani: prendere i fogli, metterli sotto l’ingranditore, mettere a fuoco, alzare l’ingranditore, abbassarlo, prendere il foglio, immergerlo nello sviluppo, lavarlo, riprenderlo, immergerlo nel fissaggio. Le mani sono dunque le protagoniste e sono anche l’unico oggetto di questa coppia di fotografie: ne ho immersa una nello sviluppo, e una nel fissaggio. Dopo aver fatto prendere luce al foglio, sotto l’ingranditore, le ho appoggiate e schiacciate sul foglio stesso in modo da dividerlo in due. La mano immersa nello sviluppo è apparsa subito, l’altra solo quando la metà del foglio è stata sviluppata.